I forti terremoti che hanno colpito l’Emilia sono stati caratterizzati da diffusi fenomeni di “liquefazione”
dei terreni che hanno suscitato stupore e preoccupazione fra i
cittadini. La liquefazione è un fenomeno che spesso accompagna i
terremoti di forte intensità (superiore alla magnitudo 5 della scala
Richter). Essa consiste nella perdita di resistenza di terreni saturi
d’acqua sottoposti a sollecitazioni sismiche, in conseguenza delle quali
i depositi terrosi raggiungono una condizione di fluidità pari a quella
di una massa viscosa a causa delle fortissime pressioni dell’acqua nei
pori.
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L’intera
Pianura Padana è composta di sabbia. Sedimenti e detriti portati dal
lento scorrere del Po. Terre fertili e miti, produttive e feconde. Ma
anche pericolose, da un punto di vista sismologico: gli esperti lo sanno
bene. Quando un terremoto di magnitudo importante colpisce terre come
queste, l’esito è noto: una vera e propri liquefazione del terreno. Ecco
perché il sisma dell’Emilia è stato così distruttivo. Il terremoto
mette in movimento il sottosuolo che oltre a sciogliersi sperimenta dei
moti ascensionali.In breve, la terra erutta sé stessa. Crea un vulcano,
dove non c’era. Piccoli vulcani, centinaia, sulla linea di sisma.
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La
sabbia liquefatta non si limita a far perdere di consistenza il
terreno. La pressione del sisma la spinge anche verso l’alto e la fa
spruzzare fuori dal terreno come da una fontana. I geologi chiamano
questo fenomeno “vulcanelli” e molte delle vittime del sisma hanno
raccontato la terrificante sensazione di venir catapultati
all’improvviso dalla terraferma al mare. Il materiale che risale, nel
frattempo, apre in profondità delle voragini che risucchiano verso il
basso il terreno in superficie.
E
così anche una parte delle perplessità riguardanti la sicurezza degli
edifici può trovare spiegazione. Perché “qualsiasi costruzione, anche la
più solida, non può resistere se il terreno gli collassa sotto i
piedi”.
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La
sabbia della Pianura Padana era già finita sotto accusa. La sua
morbidezza infatti amplifica fino a 7-8 volte la violenza delle onde
sismiche rispetto alla roccia compatta. Ma ora che i segni della
liquefazione si moltiplicano sulla superficie della zona ferita dal
terremoto, per gli ingegneri chiamati a progettare in zone a rischio
sismico si apre un nuovo ordine di problemi. «Sapevamo dell’esistenza di
questo fenomeno, ma non ci aspettavamo che si presentasse in maniera
così estesa» ammette Paride Antolini del Consiglio Nazionale dei
Geologi.
Dal
terreno inizia a fuoriuscire sabbia mista ad acqua. Ogni crepa del
pavimento, i pozzi dei giardini, le fratture del suolo diventano
sorgenti da cui zampilla terreno liquefatto». Di questi “vulcanelli”
oggi è costellata l’intera area del sisma. Il giorno dopo la scossa, i
coni di sabbia si presentano come piccoli cumuli alti poche decine di
centimetri, allineati per centinaia di metri lungo le fratture del
terreno. In cortili, campi coltivati e stadi di calcio gli effetti dei
“vulcanelli” potrebbero essere scambiati per i postumi di un’alluvione.
Se non fosse che quella sabbia tanto simile a fango è stata sputata
fuori direttamente dalla pancia della Terra.
Fonte: The Day After
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