venerdì 1 giugno 2012

Terremoti Emilia: allarme liquefazione

I forti terremoti che hanno colpito l’Emilia sono stati caratterizzati da diffusi fenomeni di “liquefazione” dei terreni che hanno suscitato stupore e preoccupazione fra i cittadini. La liquefazione è un fenomeno che spesso accompagna i terremoti di forte intensità (superiore alla magnitudo 5 della scala Richter). Essa consiste nella perdita di resistenza di terreni saturi d’acqua sottoposti a sollecitazioni sismiche, in conseguenza delle quali i depositi terrosi raggiungono una condizione di fluidità pari a quella di una massa viscosa a causa delle fortissime pressioni dell’acqua nei pori.
L’intera Pianura Padana è composta di sabbia. Sedimenti e detriti portati dal lento scorrere del Po. Terre fertili e miti, produttive e feconde. Ma anche pericolose, da un punto di vista sismologico: gli esperti lo sanno bene. Quando un terremoto di magnitudo importante colpisce terre come queste, l’esito è noto: una vera e propri liquefazione del terreno. Ecco perché il sisma dell’Emilia è stato così distruttivo. Il terremoto mette in movimento il sottosuolo che oltre a sciogliersi sperimenta dei moti ascensionali.In breve, la terra erutta sé stessa. Crea un vulcano, dove non c’era. Piccoli vulcani, centinaia, sulla linea di sisma.
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La sabbia liquefatta non si limita a far perdere di consistenza il terreno. La pressione del sisma la spinge anche verso l’alto e la fa spruzzare fuori dal terreno come da una fontana. I geologi chiamano questo fenomeno “vulcanelli” e molte delle vittime del sisma hanno raccontato la terrificante sensazione di venir catapultati all’improvviso dalla terraferma al mare. Il materiale che risale, nel frattempo, apre in profondità delle voragini che risucchiano verso il basso il terreno in superficie.
E così anche una parte delle perplessità riguardanti la sicurezza degli edifici può trovare spiegazione. Perché “qualsiasi costruzione, anche la più solida, non può resistere se il terreno gli collassa sotto i piedi”.

La sabbia della Pianura Padana era già finita sotto accusa. La sua morbidezza infatti amplifica fino a 7-8 volte la violenza delle onde sismiche rispetto alla roccia compatta. Ma ora che i segni della liquefazione si moltiplicano sulla superficie della zona ferita dal terremoto, per gli ingegneri chiamati a progettare in zone a rischio sismico si apre un nuovo ordine di problemi. «Sapevamo dell’esistenza di questo fenomeno, ma non ci aspettavamo che si presentasse in maniera così estesa» ammette Paride Antolini del Consiglio Nazionale dei Geologi.
La scena, raccontano i superstiti, è davvero apocalittica.

Dal terreno inizia a fuoriuscire sabbia mista ad acqua. Ogni crepa del pavimento, i pozzi dei giardini, le fratture del suolo diventano sorgenti da cui zampilla terreno liquefatto». Di questi “vulcanelli” oggi è costellata l’intera area del sisma. Il giorno dopo la scossa, i coni di sabbia si presentano come piccoli cumuli alti poche decine di centimetri, allineati per centinaia di metri lungo le fratture del terreno. In cortili, campi coltivati e stadi di calcio gli effetti dei “vulcanelli” potrebbero essere scambiati per i postumi di un’alluvione. Se non fosse che quella sabbia tanto simile a fango è stata sputata fuori direttamente dalla pancia della Terra.

 Fonte: The Day After 

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